In questo momento si parla diffusamente di riforma della Pubblica Amministrazione (PA) e soprattutto
c’è crescente attesa nei riguardi del nuovo assetto giuridico della Dirigenza
Pubblica(DP).
Una DP che potrebbe essere coinvolta in una sequenza di
processi innovativi a partire dalla modalità di reclutamento e di assegnazione
o “non assegnazione” di incarichi.
Non mi soffermo su
quanto abbondantemente è emerso, a tal riguardo, sulla carta stampata, nonché da dichiarazioni di esperti di settore, piuttosto ritengo rilevante suggerire degli spunti di riflessione che potrebbero contribuire a definire i confini di una evoluzione della DP negli anni a venire.
1.La necessità di una accurata analisi del contesto prima delle scelte di
idonee soluzioni
A mio modo di vedere una riforma della DP dovrebbe scaturire
solamente a valle di una accurata
analisi dei dati oggi disponibili ed aggiornati; sarebbe importante disporre,
per quanto attiene i dirigenti, dei loro
CV sufficientemente dettagliati dai quali sia possibile evincere le competenze,
i titoli universitari conseguiti, il livello di conoscenza delle lingue, la
presenza di eventuali “stages” all’estero, etc.
Sappiamo bene che gran parte di
questi dati sono reperibili, ancorché in forma disomogenea, sui siti delle
diverse PA. Trattandosi però di dati non strutturati difficilmente possono
essere studiati a livello macro.
Per comprendere questo aspetto si rifletta sul fatto che oggi
non é immediato conoscere quanti siano i dirigenti laureati in economia e
commercio piuttosto che in giurisprudenza o in ingegneria e come siano
distribuiti sul territorio e nelle diverse PA; oppure sapere quanti dirigenti
conoscono almeno una lingua straniera ed
a che livello, oppure sapere come siano distribuiti per fasce di età,
ostacolando a questo modo ogni tipo di pianificazione e dislocazione delle
risorse in modo efficace ed efficiente.
Disponendo di una unica banca dati strutturata (realizzata attraverso modalità differenti rispetto al vecchio RUD),potrebbe
essere definita una policy mirata al miglioramento e riqualificazione, laddove
necessario, delle competenze dei dirigenti nell’ottica finale di incidere
positivamente sulle future attività delle PA.
Pertanto sarebbe, secondo il mio modo di vedere, quanto mai
opportuno, come policy degna di essere attuata e soprattutto utile se, nel momento
dell’ istituzione del ruolo unico, potesse essere programmata e progettata una
banca dati dedicata, nella quale raccogliere le informazioni dei CV dei
dirigenti al fine di rendere possibile, attraverso l’analisi dei profili disponibili, il non più
rinviabile studio del capitale umano con l’obiettivo di un opportuno
riassestamento strategico delle forze in gioco.
In tale banca dati potrebbe trovare naturale posto per ogni
dirigente il portfoglio professionale in cui,
in aggiunta alle informazioni curriculari, potrebbero emergere le
capacità progettuali ed organizzative anche con documentazione delle migliori
pratiche realizzate. Ciò renderebbe semplificato il processo di una continua
riflessione sul modo di operare e su come generare qualità nelle variegate
attività della PA. Infine uno spazio dedicato anche alla documentazione della
storia formativa di ciascun dirigente appare quanto mai necessario.
2. La necessità di un piano di sviluppo per la DP per rafforzare il senso di
appartenenza e condivisione
E’ necessario pensare ad un piano lungimirante di formazione
per tutti i dirigenti pubblici per i quali la didattica, superando gli schemi
classici di incontri frontali, sia piuttosto orientata allo scambio di
esperienze effettiva di lavoro, di simulazioni e di studio di casi d’uso, dove
vengano privilegiate la diffusione di valori etici e scelte consapevoli e
sostenibili all’interno dei meccanismi di funzionamento delle PA, rispettandone
gli interessi globali.
A tal riguardo appare di una certa importanza la previsione
di interventi di formazione sulle così dette “soft skills”, sulla “leadership”,
sulla reingegnerizzazione dei processi e sulla cultura digitale, sulle modalità
del controllo di gestione e sulla “performance”, sull’etica pubblica, sulla
trasparenza e prevenzione della corruzione, sulla gestione del personale
orientata al raggiungimento di risultati di alta qualità condivisibili e di generale utilità.
E’ senz’altro
importante definire nuove modalità di reclutamento ma occorre anche pensare al
rafforzamento del capitale umano già distribuito ed operante nelle diversi sedi
della PA favorendo la reciproca contaminazione e scambi di idee tra i dirigenti
junior e senior.
Inoltre le PA devono tendere ad essere competitive con se
stesse per il loro continuo miglioramento in termini di organizzazione, di
processi, servizi e delle risorse promuovendo anche il benessere fisico e
psichico dei propri collaboratori e dei dipendenti.
E’ inoltre improcrastinabile diffondere tra i manager
pubblici la cultura di una PA eccellente, anche se le PA non persegue obiettivi
di profitto diretti, al fine di favorire la generazione di “ricchezza” e di
valore per le imprese e di migliorare la qualità della vita di tutti i cittadini.
Infine sento di dovere evidenziare un paio di idee di ordine
generale che potrebbero rivelarsi strategiche nel vicino futuro per le quali
occorrerebbe attivarsi al più presto,
attraverso uno sforzo partecipativo molto consistente:
- Snellire tutte le procedure mantenendone il rigore;
- Ridurre i tempi dei vari segmenti dei processi procedurali amministrativi;
- Proporre “soluzioni nuove” nel rispetto delle regole europee vigenti per avere l’opportunità di rappresentare riferimenti e non subirli continuamente.
3.
La necessità di una rete per i
dirigenti pubblici
Alla luce
delle precedenti considerazioni si profila la necessità di costruire degli HUB d'innovazione in ogni PA, attraverso la formazione di gruppi di dirigenti consapevoli che facciano da traino ai necessari cambiamenti culturali e organizzativi che è opportuno mettere in campo per una "nuova PA". Ciò può avvenire anche con la partecipazione di imprese e
tramite la realizzazione di laboratori sul territorio in grado di sostenere e
diffondere lo sviluppo di nuove metodologie di lavoro orientate anche ad una
stadardizzazione di servizi di staff comuni a diverse amministrazioni: gestione
del personale, acquisizione di servizi, etc..
In questo
contesto non è da escludere la partecipazione di associazioni di dirigenti con
maturata esperienza, già operative in ambito PA, per favorire e proporre
iniziative che determinino avanzamenti significativi nella generazione,
selezione ed utilizzazione di dati ben finalizzati al miglioramento dei
segmenti di attività più significativi tipici della PA.
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