martedì 18 febbraio 2014

Agenda Digitale: non serve un Ministro Digitale ma un Governo ultrasensibile all’innovazione

Ripubblico anche sul mio blog, un mio articolo pubblicato tempo fa su pionero.it .

Il nostro Paese sta vivendo l’ennesimo momento politico di transizione molto complesso e difficile: in questo scenario di opportunità di cambiamento, il popolo della rete, sui temi dell’agenda digitale, appare diviso in un “bipolarismo perfetto” rispetto alla questione del ministro digitale sì, ministro digitale no.
In pratica sono molti gli articoli e i commenti riguardo al fatto se sia utile o meno, in questo nuovo governo che sta per nascere, la nomina di un Ministro per l’Agenda Digitale e Internetutile ad accelerare lo sviluppo digitale nel nostro Paese.
Ma davvero siamo convinti che un nuovo ministro dedicato all’agenda digitale, anche con deleghe forti sia sufficiente a portare e diffondere l’innovazione ICT nel nostro Paese? Considerando anche l’incertezza delle condizioni al contorno  in cui dovrà operare?
E faccio qui riferimento alla durata temporale del governo e alla sua effettiva completezza (digitale) dei punti programmatici… Sinceramente penso che piu’ che un ministro occorra un “collettivo di ministri” capitanati da un premier ultra sensibile ai temi digitali e all’innovazione.
Il tema digitale è trasversale e occorre che sia calato in tutti i ministeri e in tutte le pubbliche amministrazioni in modo sostenibile e responsabilizzando tutti i dipendenti. Il digitale deve essere integrato nell’organizzazione, nella cultura, nel modo di lavorare dei cittadini e dei dipendenti.
Per fare questo non basta un ministro che definisca l’ennesima roadmap, o le attività da “fare”. Infatti le conosciamo già: alcune ci sono imposte a livello sovranazionale dalla EU, altre sono già consolidate nelle norme ( es. CAD), ma ancora, nella migliore delle ipotesi, non “completamente” applicate. Il problema del nostro Paese sul “digitale” è infatti piu’ nella concreta attuazione delle leggi e degli indirizzi già presenti, condivisi ormai da tutte le parti politiche…indifferentemente…a destra come a sinistra…, che non nella definizione di politiche pubbliche mirate sul tema ICT.
Lavorerei di piu’ sulla struttura della compagine di governo, sulla scelta della diretta collaborazione, dei capi dipartimento e dei segretari generali, garantendo la loro giusta competenza, e il loro forte orientamento alla diffusione delle tecnologie ICT all’interno delle loro strutture, individuando veri e propri strumenti premianti non solo per  i dirigenti di prima e di seconda fascia, ma anche per i funzionari e per gli impiegati che cambiano e innovano, coniugando effettivamente l’ICT con l’organizzazione, con la reingegnerizzazione dei processi e con il processo di spending review.
E’ il premier che dovrebbe guidare la “roadmap digitale” in modo integrato nelle politiche d’innovazione e di cambiamento delle modalità di lavoro e dei servizi al cittadino(questi ultimi dovrebbero essere tra l’altro realizzati mettendo al centro l’utente in un processo  di codesign e di progettazione partecipata).
E’ il premier che deve costruire una squadra di Ministri “amanti del cambiamento”, facendo sottoscrivere un “patto per il digitale e per l’innovazione” in cui non si può piu’ prescindere dal “rendicontare” e da intraprendere investimenti per il medio lungo periodo ( anche se non sarà lui a goderne i frutti). Sono necessari obiettivi chiari e condivisi per ogni dicastero, con “l’obbligo” per ogni ministro di negoziare con i suoi vertici amministrativi “obiettivi strategici digitali” chiari, condivisi  pubblici e trasparenti, accompagnati da strumenti semplici di monitoraggio  dello stato di attuazione e delle relative responsabilità, in tempo reale. In questo senso anche il ruolo dei responsabili dei sistemi informativi automatizzati delle PA centrali deve necessariamente essere rafforzato in termini di poteri, di competenze  e di strumenti.
Più’ che un ministro dedicato vorrei quindi un premier direttore d’orchestra dell’innovazione e del digitale in grado di far “suonare” bene tutte le sue strutture organizzative, strumenti da “accordare”, ma già funzionanti.
Penso poi che l’Agenzia per l’Italia Digitale debba essere l’organo deputato alla consulenza per la razionalizzazione della spesa ICT, per la stesura delle linee guida e delle regole tecniche nonché unico responsabile della realizzazione delle grandi infrastrutture condivise: SPC, reti banda larga, CLOUD e datacenter.
In qualsiasi scenario, con o senza il ministro digitale,  ho l’impressione che fino a quando non ci sarà una riforma del titolo V della Costituzione, sarà complesso, difficile se non quasi impossibile garantire una “governance” e una politica di innovazione ICT a livello locale e regionale, ed ogni dibattito rischia di rimanere un puro esercizio di fantasia.

1 commento:

  1. Bell'articolo anche se mi viene da pensare che lo spostamento del problema sulla riforma del titolo V non sia più facile (efficace decisamente si).
    Gli ambiti e le le problematiche connesse sono tali che a valle di esperienze pregresse vissute in prima persona inizio a pensare che sarebbe più "semplice" cercare di copiare da modelli esteri già vittoriosi piuttosto che cercare di innovare. Non è pigrizia ma il sentore che non ci sia più tempo per pensare.

    Grazie

    RispondiElimina